Sarà stato veramente Amerigo Vespucci il primo a mettere materialmente piede sul continente americano? Non è certo se sia stato lui da qualche parte sulle coste della Colombia oppure il suo collega Caboto sbarcando in Canada ma poco importa. Non è mai il cosa ma il come, e su questo Vespucci non ha rivali perché è il primo a capire e a dire con fermezza che quella raggiunta non è una propaggine dell’Asia, ma un continente nuovo. Questo merito indiscusso gli varrà il riconoscimento dei cartografi tedeschi che già nei primi del cinquecento battezzeranno quella terra appunto col suo nome: America.
L’America non è tuttavia l’unico soggetto al quale il Vespucci pare abbia dato il nome. Nel corso di uno dei suoi viaggi nel sud sembra si sia imbattuto in un popolo indigeno che viveva sulle palafitte. La vista del loro villaggio gli avrebbe ricordato un piccola Venezia e da questa affermazione deriverebbe il nome di Venezuela preso poi da tutta quella regione. Quando si parla di Rinascimento si pensa sempre agli artisti e alle grandi opere che ci hanno lasciato, eppure anche quello di questo e di altri navigatori è spirito rinascimentale allo stato puro. Cercare di superare un oceano allora era un’impresa paragonabile ai viaggi spaziali di oggi e allora credo si possa dire che anche le gesta di questo esploratore sono opere d’arte. Di sicuro, hanno fatto l’America.
E passando dal Rinascimento all’Illuminismo, ecco un altro che ha fatto l’America: Filippo Mazzei. Sconosciuto ai più, questo intellettuale avventuroso e poliedrico meriterebbe di essere studiato al pari dei grandi letterati. Nato e cresciuto in provincia di Prato, è medico in Turchia, insegnante di italiano a Londra e commerciante di vini sempre in Inghilterra, dopo una breve parentesi ancora in Italia dalla quale scappa dopo essere stato denunciato al tribunale dell’Inquisizione per aver importato “libri proibiti”. Insomma non proprio un tipo tranquillo. E’ proprio in Inghilterra che conosce Benjamin Franklin e decide di emigrare in America attratto dall’idea di poter coltivare e commerciare i prodotti mediterranei nel nuovo mondo. Ora, ditemi voi cosa posso raccontarvi di un illuminista che scrive libelli sulla libertà, viene denunciato alla Santa Inquisizione, e acquista una fattoria in Virginia portandosi dietro un gruppo di agricoltori toscani per esser sicuro che la roba venga a modo? Ci vorrebbe un libro a parte. Filippo Mazzei diventa amico personale dei primi cinque presidenti degli Stati Uniti e, da buon ribelle, durante la guerra di indipendenza americana si adopera, anche con viaggi in Europa, per reperire fondi e armi. Nel 1774, sulla Gazzetta della Virginia, Filippo Mazzei scrive :
“tutti gli uomini sono per natura ugualmente liberi e indipendenti. Questa uguaglianza è fondamentale per costituire un governo libero”.
Questa frase ha ispirato a Thomas Jefferson il motto “tutti gli uomini sono creati uguali”, che apre la lista delle verità evidenti elencate nella Dichiarazione di Indipendenza Americana. Non per niente Filippo Mazzei, quasi sconosciuto in Italia, è considerato negli Stati Uniti uno dei padri fondatori al pari dei firmatari di quella famosa dichiarazione.
Per lasciare l’ambito poetico e di valor civile, il 1774 è anche l’anno di una terribile gelata. Mazzei prende atto che la Virginia non è adatta per la vite e per gli olivi, e dopo aver partecipato agli eventi della rivoluzione americana per molti motivi decide di tornare definitivamente in Europa. Le sue avventure non sono finite, non a caso è in Francia durante la rivoluzione francese e viene da domandarsi se è lui che se le cerca o viceversa. A Parigi diventa il rappresentante ufficiale del Re Stanislao di Polonia e per questo andrà a vivere anche un anno a Varsavia. Solo negli ultimi anni della vita si darà una calmata e tornerà in Toscana, a Pisa, dove si dedicherà alla sua prima passione: l’orticoltura. Alla fine si sarà convinto che per il vino e l’olio buono non c’è America che tenga: ci vuole la Toscana!
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