Chiusi era già una potenza affermata quando Roma nasceva. Siamo in provincia di Siena e vogliamo partire da questa cittadina che fu una delle città più importanti della dodecapoli etrusca. D’obbligo visitare il Museo della Cattedrale la cui fama è legata soprattutto alla splendida collezione di Codici Miniati Benedettini di fronte ai quali, non chiamatemi insensibile, io ho tirato vergognosamente a diritto.
Ebbene sì, ero entrato nel Museo della Cattedrale solo perché da lì si può scendere nel cosiddetto Labirinto di Porsenna, un’occasione unica per sentirsi etruschi almeno una volta nella vita. Secondo una leggenda fu tumulato qui il grande re etrusco Porsenna, e dell’inestricabile labirinto posto nel basamento del mausoleo reale parla già lo storico Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Centotrenta metri di percorso sotterraneo (astenersi se soffrite di claustrofobia) vi porteranno sotto la città, passando vicino ad una antica cisterna e terminando nella torre campanaria dalla sommità della quale potrete ben riprendere aria.
Uscito dalla città di Chiusi mi sono pentito di tanta sfrontatezza nei confronti dei Benedettini ed ho quindi deciso di fare penitenza. Imboccata la statale 146 in direzione Chianciano Terme, ho seguito per Sarteano e poi per Radicofani con la chiara idea di arrivare ad Abbadia San Salvatore. Perché proprio qui, perché Abbadia San Salvatore è un perfetto esempio di borgo montano alle pendici dell’Amiata con case gotiche e rinascimentali, ma soprattutto, con una chiesa veramente bella dove sono entrato per lasciare un’offerta per i poveri allo scopo appunto di farmi perdonare circa Chiusi. Non ci credete? Davvero pensate che potrei mentire su un’offerta in chiesa? Sì potrei, ma non è questo il caso. Abbadia San Salvatore è infatti un luogo molto speciale che esige rispetto. Qui fu infatti ritrovato il Codex Amiatinus o Bibbia Amiatina, la più antica versione manoscritta conservata integralmente della Bibbia nella sua versione latina. Insomma, un caposaldo della cultura occidentale che è oggi conservata presso la Biblioteca Laurenziana a Firenze.
Rinfrancato nello spirito ho ripreso la Cassia in direzione Siena per proseguire fino a San Quirico D’Orcia. Naturalmente devo dirvi che questa località in origine era una sorta di ospedale medievale sorto sulla Via Francigena a sostegno dei pellegrini. Altrettanto ovviamente devo dirvi che questo piacevolissimo borgo è la porta d’ingresso della Val d’Orcia, luogo simbolo del paesaggio toscano dove si viene per curare la carenza di estetica della nostre metropoli e ristorare gli occhi. Non è questo però il motivo che mi ha portato fino a qui. Dopo aver subito le lusinghe della cultura con gli etruschi di Porsenna, e quelle dello spirito nella chiesa di Abbadia San Salvatore, insomma, a uno gli viene anche fame. Ecco, a San Quirico D’Orcia non si ristorano solo gli occhi ma anche la pancia. Si mangia e si beve da Dio, approfittatene.
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